Il micromosaico - chiamato anche mosaico minuto o mosaico filato - è una tecnica di produzione del mosaico, presentata per la prima volta a Roma nell'Anno Santo 1775, nella bottega del mosaicista Giacomo Raffaelli, raggiungendo il suo apice, per la qualità delle opere e per l’estrosità degli artisti, a metà del XIX secolo.

L'innovativa tecnica del micromosaico è stata possibile grazie alla produzione di tessere minute e di forme diverse, adatte alla composizione di manufatti di ridotta dimensione, da vedere a distanza ravvicinata, sotto forma di placchette generalmente applicate su tabacchiere o su oggetti da tavolo, più raramente incastonate su spille o raggruppate in serie fomanti bracciali e collane.

Si arriva, nel corso dell’ottocento, anche alla produzione di quadri e di piani da tavolo, in cui i mosaicisti potevano sbizzarrirsi, con incredibili virtuosismi, nella riproduzione di scene bucoliche, scene di genere, piazze e monumenti di Roma con delle rese realistiche, grazie alle infinite gradazioni di colore garantite dalla tecnica del filato.

I soggetti rappresentati, non più attinenti alla sfera religiosa, erano inizialmente legati al gusto neoclassico per le loro allegorie, trovando la loro fonte di ispirazione direttamente nell’antico. In una fase successiva il repertorio si estese alla rappresentazione di fiori, animali e rovine grandiosamente ambientate in scene di paesaggio e vissute con una liricità di estrazione romantica. Con il consolidarsi nel repertorio delle vedute di Roma, il genere acquistò una connotazione più marcatamente “romana”.

La prima metà dell’ottocento fu caratterizzata da una evoluzione delle tecniche esecutive, attraverso l’elaborazione di nuovi tipi di impasti e l’utilizzo di tessere anche di maggiore dimensione, non più solo quadrilatere, come avveniva inizialmente, ma di diversa forma geometrica. Ciò consentiva nuovi e più felici passaggi chiaroscurali, che facilitavano la resa dei fiori, degli alberi, degli animali e delle architetture.

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Particolare di piano da tavolo raffigurante vedute di Roma.

Roma, produzione di Michelangelo Barberi, prima metà del XIX secolo.

Museo Hermitage - San Pietroburgo

La circolazione internazionale dei manufatti più preziosi, donati dai Pontefici ai diplomatici e ai sovrani in visita di Stato, accrebbe ulteriormente il prestigio del micromosaico, che divenne un acquisto favorito dai ricchi e colti viaggiatori del “Grand Tour” verso Roma.

Con l’avanzare del secolo e il susseguirsi di richieste sempre più pressanti da parte del mercato, si diffusero tecniche di esecuzione più veloci e sbrigative, anche attraverso l’uso di tessere preformate, tutto a detrimento della qualità. La produzione di articoli standardizzati, non più fatti interamente a mano, come conseguenza della rivoluzione industriale, aprirono una fase di decadenza nell’ambito delle arti applicate, e quindi anche del micromosaico.

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Particolare di piano da tavolo raffigurante scene mitologiche.

Roma, produzione di Michelangelo Barberi, prima metà del XIX secolo.

Museo Hermitage - San Pietroburgo

Gli elementi che compongono il mosaico sono rappresentati da tessere, con riferimento al loro contorno che è normalmente quadrilatero.

Le tessere sono costituite da un materiale vetroso detto smalto, ottenuto dalla fusione della silice, mescolata a dei componenti minerali che ne conferiscono il colore,

Lo smalto, fuso davanti alla fiamma, al raggiungimento di circa 800 gradi centigradi, diventa malleabile e quindi suscettibile di manipolazione. E’ la fase della filatura in cui, oggi come allora, viene ridotto in bacchette lunghe e sottili dalle quali l’artista, con l’uso di pinzette e lime, ricava le piccole tessere.

Le tessere così ottenute, vengono alloggiate all’interno di supporti, dotati di bordi bassi, generalemente in rame o altro metallo, in marmo, o in vetro, in cui viene depositato il cosiddetto stucco romano, ossia un mastice a presa molto lenta, seguendo nella fase realizzativa un bozzetto che rappresenta l’immagine da trasferire e comporre.